Un ragionamento sulla democrazia e la conoscenza
La democrazia si fonda sulla conoscenza.
Se ci fate caso le rivoluzioni che hanno portato a un assetto più democratico nascono tutte da una rilevante parte della popolazione diventata benestante e più ricca, in sintesi più istruita, che era esclusa dal potere.
Questo è il principio: non si può escludere troppa conoscenza dal potere.
Noi ad esempio escludiamo completamente chi ha meno di 18 anni e in parte chi ne ha meno di 25; l’idea è proprio quella: non bisogna assottigliare la fetta di potere di chi conosce abbastanza per concederne una a chi riteniamo conosca troppo poco.
Come a fine ‘700 non si poteva negare una fetta alla neoistruita classe media americana e francese.
Ma quant’è troppo poco? Difficile a dirsi, non a caso le soglie di 18 e 25 anni sembrano problematiche; di certo però non è una quantità costante, piuttosto aumenta nel tempo.
Più lo sviluppo tecnologico va avanti, più crescono gli strumenti di potere, più c’è da conoscere, e quello che ieri bastava per avere una fetta oggi non basta più. L’asticella per il singolo cittadino si alza. E sempre più velocemente.
Alle elezioni del 1940 negli Stati Uniti potevo scegliere consapevolmente chi avrei voluto come presidente senza sapere cosa fosse una bomba atomica, a quelle del 1948 no.
La domanda che ci si pone prima di ogni elezione è dunque: “La democrazia funzionerà bene? Ci sono abbastanza cittadini sopra l’asticella?”
Io credo che oggi nell’occidente la risposta sia ancora sì, ma credo anche che siamo a un punto critico, quello dove la velocità con cui cresce la nostra conoscenza collettiva comincia ad essere minore della velocità con cui sale l’asticella.
Si può invertire il trend? Penso di no, ma sicuramente possiamo allungare la vita della democrazia investendo risorse e tempo sull’istruzione per conoscere sempre di più.
E allora saremo anche più preparati per il giorno in cui la democrazia non funzionerà più bene.